lunedì 9 ottobre 2023

I briganti: chi erano? Classi V

 

I briganti: chi erano?


Il fenomeno del brigantaggio si sviluppò prevalentementenell’Italia meridionale continentale tra il 1861 e il 1865 e si arricchì anche di motivazioni politiche causate da nostalgie borboniche.

È necessario chiarire come prima cosa che il brigantaggio non fu un fenomeno che interessò la parte meridionale della nostra penisola solo dopo l’Unità, ma fu un fenomeno dovuto in primo luogo all’arretratezza generale di quelle regioni, che impensierì in modo notevole anche la dinastia borbonica.

 In pratica tutte le province del regno (ed in particolare Calabria, Abruzzo, Molise, Campania e Basilicata) diventano lo scenario di una guerriglia sanguinosissima che vede contrapposto l’esercito regio (composto principalmente bersaglieri e guardie civiche) a bande di irregolari.



La lotta al brigantaggio è da considerarsi come la prima guerra civile italiana, come sostiene lo storico Giordano Bruno Guerri  ne Il sangue del Sud”?

Secondo Alessandro Barbero, che qualche anno fa con altri storici e saggisti ha partecipato ad un dibattito proprio sul brigantaggio, la risposta alla suddetta domanda è negativa in quanto, come sostiene il medesimo, nel Sud esisteva una classe borghese fedele allo stato unitario. Decine di migliaia di meridionali fuggirono al Nord dopo il 1848 e a Torino se ne contarono circa 7.000. C’era anche una Guardia Nazionale formata da meridionali che combatté i briganti.

Queste ultime, guidate da briganti come Carmine Crocco Giuseppe o Nicola Summa detto Ninco Nanco combattono nel nome della monarchia assoluta di Francesco II ma, con questo pretesto, si rendono spesso protagonisti di furti e razzie che non hanno nulla di politico contro la classe dei “galantuomini” (cioè la borghesia di villaggio e i proprietari terrieri), che è oggetto di violenze e grassazioni sulla base di una sua adesione alla causa sabauda più presunta che reale.

Le forze italiane, d’altro canto, si trovano a fronteggiare la guerriglia di bande sempre più numerose, ben armate (grazie ai finanziamenti che giungono dai Borbone e dall’Internazionale legittimista) e con una conoscenza del territorio molto superiore. Questo fa sì che l’esercito regio “piemontese” subisca un numero considerevole di perdite e che il nervosismo degli alti comandi si traduca quindi in una politica di ritorsioni che, molto spesso, non fa differenza tra briganti e semplici contadini, donne o minori. Interi villaggi sono interamente distrutti e gran parte dei loro abitanti giustiziati senza processo: molti ufficiali italiani, oltretutto, non fanno nulla per nascondere il loro odio verso le plebi meridionali e si rendono protagonisti di politiche assolutamente comparabili a quelle degli eserciti europei impegnati, negli stessi anni, nelle guerre di conquista del continente africano. Queste misure evidentemente contrarie non solo allo Statuto Albertino ma alla stessa natura “liberale” con cui il Regno di Sardegna si era proposto come realizzatore dell’ideale risorgimentale, riescono tuttavia a debellare in circa cinque anni il brigantaggio, complice anche la fine dei finanziamenti provenienti dalla corte borbonica e l’accettazione, da parte di tutte le potenze europee, del nuovo Stato italiano.

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 Il “brigante” diviene un archetipo utile a esplorare e rappresentare i processi di lotta, i rapporti di forza tra dominanti e dominati, ma anche un’occasione per parlare di oblio, memoria e storia a cavallo fra passato e presente.

 


 

Riferimenti bibliografici:

Giordano  Bruno Guerri, il Sangue del sud (Mondadori, Milano, 2010)

Alessandro Barbero, Brigantaggio, una guerra italiana https://www.youtube.com/watch?v=KYOPMNsn_CI

https://www.camillocavour.com/

wikipedia

weschool

 


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